Per uno strano scherzo della memoria, Tina Bellini mi riporta alla mente un personaggio altrettanto strano che ai tempi del liceo si aggirava davanti a scuola puntando, verso bersagli immaginari, un aggeggino di plastica da cui fuoriusciva un fascio di luce invisibile che a sua volta piantava una monetina rossa sulle pareti dei palazzi lontani. Poi questo stravagante signore chiedeva a chiunque curiosamente gli si avvicinasse se sapesse dare la definizione di “laser” e, non avendo mai nessuno la risposta pronta, replicava tronfio che per “laser” si intende un raggio di luce coerente, compiaciuto di aver adescato l’ennesima vittima nella trappola del suo moto egocentrico.
Di fatto non ho mai trovato in nessun vocabolario questa definizione di laser che a me invece sembrava molto convincente e sono rimasto per circa trent’anni, sospeso, con una definizione in cerca di autore.
Alla fine, dopo trent’anni, l’autore l’ho trovato e si chiama, appunto, Tina Bellini.
Tina Bellini è, artisticamente parlando, un raggio di luce coerente.
Raggio è la sua ricerca artistica precisa e intrinsecamente lineare, rivolta al tentativo di proporre la realtà conducendola al minimo essenziale, pulendola da qualsiasi intenzione interpretativa o preconcetta, liberando la creazione da smanie personalistiche o da smancerie stilistiche. Un’arte senza artificio, appunto, retta e profonda, eseguita secondo regole scientifiche scandagliando i processi della natura e le interconnessioni percettive con la mente.
Luce è la materia con cui lavora, è il mezzo attraverso cui isolare il processo fisico della visione da qualsiasi interferenza emotiva, per arrivare a percepire che ogni cosa è tornata al suo posto primigenio, che l’origine è prossima alla fine, che un angolo e un lato, se bene allineati, sanno la matematica di certi misteri.
Coerente è la forma delle sue espressioni artistiche, delle scelte estetiche che non vengono mai meno al gusto per la proporzione e per l’equilibrio, al senso spaziale dell’eleganza più del togliere che del mettere, al sentire l’armonia dell’oggetto con l’ambiente che l’accoglie.
L’opera esposta in galleria è l’Uomo Vitruviano, una scultura luminosa 3d in lastre di vetro e luce RGB.
Vola come acqua leggerissima tra le pareti, sprofonda in abisso, accende il vuoto.
Grazie Tina.