Luigi D’Alimonte è uno scultore, uno con la vocazione, uno con il mestiere di fare arte nelle mani.
Prende una pietra e la squaglia, l’allunga, la deforma. La stira come una gigomma se vuole.
Ma il suo non è un gioco, non lo fa per piacere narcisistico; il suo lavoro nasce da un atto di fede, dalla profonda convinzione del valore inestimabile, anche in senso artistico, della pietra della Majella, montagna peraltro sacra con suoi eremi e con le sue cappellette ricavate nelle grotte. Così Luigi entra in contatto con l’anima leggera della roccia e la libera dalla sua scorza millenaria, lascia che il magma calcico teneramente si adagi sulle forme dell’aria, che crolli sotto la pressione del calore, che segua il richiamo della casa madre attraverso la gravità.
L’opera esposta in galleria è intitolata “Troppo Lungo” poiché la base del rettangolo è risultata più lunga del supporto e la pietra, venendogli a mancare l’appoggio, si è lasciata debolmente andare, scivolando lentamente lungo il lato del piedistallo, scoprendo di sé la purezza e le imperfezioni della pelle, la sua età geologica ma anche la sua ricchezza identitaria.
Facendosi comunque passare attraverso, curiosamente, dalle bizzarrie e dalle creature di questo giovane mondo.
Grazie Luigi.